Niccolò Pecchioli – Vincolo di destinazione d’uso e disciplina dei beni culturali

Niccolò Pecchioli – Professore a contratto di Diritto amministrativo e di Legislazione dei beni culturali, Università degli studi di Firenze – (niccolo.pecchioli@unifi.it)

1. Premessa.
2. I vincoli di destinazione dei beni culturali nella giurisprudenza del Consiglio di Stato.
3.1. Sull’ammissibilità di un vincolo culturale di destinazione d’uso ai sensi dell’art. 10 comma 3, lett. d) del Codice dei beni culturali.
3.2. Sulla rilevanza delle espressioni di identità culturale collettiva ai sensi dell’art. 7-bis del Codice dei beni culturali.
3.3. Sulla definizione di patrimonio culturale.
4. La necessità di conformazione della proprietà culturale e della correlata libertà di iniziativa economica.
5. Conformazione della proprietà culturale e liberalizzazione delle attività commerciali.
6. Conclusioni.

L’articolo trae spunto dalla recente sentenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 5/2023, che ha ammesso il vincolo di destinazione d’uso dei beni culturali. L’occasione è stata fornita dalla vicenda di un noto ristorante romano, sottoposto a vincolo con le opere d’arte e gli elementi di arredo, per garantire la conservazione tanto degli aspetti architettonici e decorativi, quanto della continuità d’uso. L’Autore rileva come la logica del vincolo riesca ad assicurare la continuità dell’espressione culturale del bene, il quale diviene «eredità culturale» per le generazioni future, tutelabile in ragione del legame tra materialità e immaterialità. Ne deriva per l’Autore la necessità che l’Amministrazione disponga di poteri conformativi ben maggiori di quelli richiamati dall’Adunanza plenaria. Tanto più perché vi sarebbero segnali nel diritto positivo che paiono sottintendere l’evoluzione verso una nuova concezione di beni culturali, concepiti non (più) secondo una visione proprietaria, ma in una prospettiva universale, ove la destinazione d’uso assurge ad elemento costitutivo di un unicum consustanziale che vivifica il bene nel suo valore culturale.
Talché l’Autore conclude sottolineando come un’ampia latitudine del potere conformativo della proprietà culturale risulti necessaria all’implementazione della “cultura” quale principio fondamentale dell’ordinamento giuridico.


The article takes its inspiration from the recent ruling of the Council of State Plenary Assembly No. 5/2023, which admitted the use constraints on cultural property. The occasion was provided by the case of a well-known restaurant in Rome, which was subjected to a constraint with its works of art and furnishings, to ensure the preservation of both architectural and decorative aspects and continuity of use. The Author notes how the logic of the constraint succeeds in ensuring the continuity of the cultural expression of the good, which becomes a “cultural heritage” for future generations, protectable because of the link between materiality and immateriality. Hence, for the Author, the need for the Administration to have far greater conforming powers on cultural property, all the more so because there would be signs in the legal system that seem to imply the evolution towards a new conception of the cultural property itself, conceived not (anymore) according to a proprietary vision, but in a universal perspective, where preservation of use rises to a constitutive element of a consubstantial unicum that enlivens the property in its cultural value.
So that the Author concludes by emphasizing how a wide latitude of the conforming power on the cultural property is needed for the implementation of “culture”, as a fundamental principle of the constitutional order.

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