Editoriale n. 3 2020

Emergenza, disordine, solidarietà

di Margherita Ramajoli

1. Ovunque la gestione dell’emergenza sanitaria dovuta al coronavirus ha prodotto scontri di tipo giuridico pressoché quotidiani[1].
I conflitti hanno contrapposto non solo i cittadini alle istituzioni, ma anche i diversi livelli di governo tra loro, in un viluppo difficilmente districabile.
Le dialettiche tra autorità e libertà, tra sicurezza pubblica e diritti costituzionali, tra centro e periferia, tra uniformità e differenziazione – da sempre esistenti – hanno ora assunto toni particolarmente drammatici.
Nel tempo delle difficoltà il diritto inteso in senso lato è vissuto non tanto come strumento per garantire l’ordine sociale e la pacifica convivenza dei consociati, quanto piuttosto come fonte di incertezza e di smarrimento e causa di ostacoli incomprensibili e immotivati.
Una carrellata dei contrasti particolarmente eclatanti e relativi al periodo più recente è in grado di fornire un’idea.
Il 29 maggio 2020 la Corte Suprema degli Stati Uniti, a maggioranza risicata (cinque giudici su nove), rigetta il ricorso contro la normativa californiana che, allo scopo di contrastare la diffusione del Covid-19, limita l’accesso ai luoghi sacri e le modalità di svolgimento di cerimonie religiose[2].
Ritiene la Corte che le misure imposte dall’emergenza sanitaria non violino le libertà religiose e in particolare la Free Exercise Clause del Primo emendamento, né pongano in essere discriminazioni arbitrarie: il tertium comparationis dei luoghi religiosi sarebbero i secular gatherings, quali conferenze, concerti, spettacoli teatrali, manifestazioni sportive, sottoposti ad analoghe limitazioni, e non i secular business, ampia categoria che va dai supermercati agli studi legali, rispetto ai quali le chiese subiscono maggiori restrizioni.
Pochissimi mesi dopo, il 25 novembre 2020, la stessa Corte Suprema statunitense, sempre per cinque volti contro quattro[3], capovolge la sua fresca giurisprudenza e il suo precedente ragionamento, censurando i limiti all’afflusso di fedeli alle funzioni religiose introdotti dalla normativa newyorkese.
In questa nuova decisione i luoghi di culto sono paragonati ai secular business, che possono rimanere aperti senza restrizioni di capacità. Di conseguenza è reputata discriminatoria una disciplina che li differenzi quanto a limiti ed è considerato violato il Primo emendamento sotto il profilo della Free Exercise Clause, dal momento che la religione sarebbe stata usata dai pubblici poteri come elemento decisivo per introdurre restrizioni nei luoghi di preghiera[4].
Mentre nella prima pronuncia si afferma che non spetta alle Corti, le quali non sono organi democraticamente eletti, valutare le determinazioni del potere politico in ordine alle questioni sanitarie, specie quando mancano, come nel caso di specie, teorie scientifiche solide[5], l’ultima decisione in ordine di tempo ritiene invece che i giudici possano sindacare questo genere di scelte («In his judgment laundry and liquor, travel and tools, are all “essential” while traditional religious exercises are not. That is exactly the kind of discrimination the First Amendment forbids»)[6].

2. Il 27 ottobre 2020 il Presidente della Giunta della Regione Puglia adotta un’ordinanza che impone nel suo territorio l’adozione della didattica digitale integrata a tutte le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado[7], derogando quanto stabilito pochi giorni prima a livello nazionale con D.P.C.M.[8].
L’ordinanza è impugnata davanti a diversi giudici amministrativi di primo grado, che hanno emanato pronunce tra loro contrastanti.
Il Tar Lecce, con decreto presidenziale, respinge la domanda di misure cautelari provvisorie, sostenendo che «il necessario contemperamento del diritto alla salute con il diritto allo studio nella attuale situazione epidemiologica vede prevalere il primo sul secondo (comunque parzialmente soddisfatto attraverso la didattica a distanza), attesa la necessità – in ragione del numero complessivo dei contagi, da apprezzare anche tenendo conto della capacità di risposta del sistema sanitario regionale – di contenere il rischio del diffondersi del virus»[9].
Di avviso diametralmente opposto il Tar Bari, che accoglie l’istanza cautelare interinale e sospende l’esecutività dell’ordinanza del Presidente della Giunta su tutto il territorio regionale[10]. La motivazione del decreto presidenziale fa leva su due distinte argomentazioni. Anzitutto, l’ordinanza regionale «interferisce, in modo non coerente, con l’organizzazione differenziata dei servizi scolastici» disposta dal D.P.C.M. e «non emergono ragioni particolari» dalla motivazione del provvedimento impugnato in virtù delle quali la Regione Puglia non dovrebbe allinearsi alle decisioni nazionali in materia di istruzione. In secondo luogo, nel territorio regionale «molte scuole e molti studenti non (sono) sufficientemente attrezzati per la didattica digitale a distanza, di guisa che l’esecuzione del provvedimento impugnato si traduce in una sostanziale interruzione delle attività didattiche e dei servizi all’utenza scolastica».
Da sottolineare, per tacer d’altro, che i decreti presidenziali in questione sono stati emanati proprio lo stesso giorno[11].

3. Il 2 dicembre 2020 il Consiglio regionale della Valle d’Aosta approva una legge recante “Misure di contenimento della diffusione del virus Sars-Cov-2 nelle attività sociali ed economiche della Regione autonoma Valle d’Aosta in relazione allo stato di emergenza”, rivendicando un’autonomia piena rispetto ai poteri statali nella disciplina dell’emergenza sanitaria[12].
Il Governo minaccia di ricorrere davanti alla Corte costituzionale, anche se in precedenza un’analoga legge intesa a superare le misure restrittive assunte a livello nazionale, questa volta adottata dalla Provincia di Bolzano, non è stata impugnata dal Consiglio dei Ministri nei 60 giorni previsti dall’art. 127 Cost., nonostante le dure contestazioni sollevate dal Ministro per gli affari regionali immediatamente dopo la sua approvazione[13].
Ultimo episodio in ordine di tempo. Il 6 dicembre 2020 il Presidente della Regione Abruzzo emana un’ordinanza che, senza aspettare il placet della cabina di regia nazionale, decide in via unilaterale di applicare al proprio territorio la più blanda disciplina prevista per le cd. zone arancioni, nonostante il DPCM del 3 dicembre 2020 avesse classificato la Regione tra quelle sottoposte alle regole previste per le cd. zone rosse[14].
Con una lettera-diffida congiunta il Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie e il Ministro della Salute chiedono di “revocare ad horas” l’ordinanza regionale, ricordando «le gravi responsabilità che potrebbero derivare dall’applicazione delle misure introdotte riguardo alla situazione dei cittadini abruzzesi» e riservandosi, «in mancanza, di intraprendere ogni iniziativa, anche giudiziaria, per garantire l’uniforme applicazione delle misure volte alla gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 e salvaguardare, in particolare, il bene primario della salute delle persone»[15].
Si potrebbe andare avanti all’infinito con queste esemplificazioni di conflittualità e ognuno di noi ha provato in questi mesi sulla propria pelle cosa significhi non sapere con certezza quali siano le condotte consentite, quali siano le attività aperte al pubblico, quali siano le conseguenze delle proprie azioni.
Con una duplice precisazione, però.
Da un lato, mai deve essere dimenticato che le situazioni emergenziali creano di per sé bisogni sociali che l’ordinamento giuridico non è in grado di soddisfare con strumenti ordinari. Di qui il ricorso a poteri eccezionali al fine di operare un non facile bilanciamento tra interessi contrapposti in situazioni imprevedibili. Una radice accumuna le ordinanze di necessità e urgenza e i decreti legge ed essa è ravvisabile nel problematico rapporto tra diritto e potere, tra legge e governo, tra regola e eccezione, tra norma fondamentale e decisione singolare[16].
Dall’altro, la tutela giurisdizionale nei confronti di abusi del potere pubblico – anche se non è sempre lineare, come si è potuto sopra constatare – rappresenta un elemento fondante della disciplina d’eccezione ed è quindi un baluardo di garanzia[17].

4. Sono state fatte numerose diagnosi, spesso molto acute, della crisi del diritto provocata dalla crisi pandemica[18].
Dal punto di vista della forma di governo, l’architettura delle istituzioni democratiche risulta disegnata in maniera imprecisa. Si assiste a una progressiva marginalizzazione del Parlamento e non solo in considerazione del fatto che la sede parlamentare non sia in grado di garantire decisioni immediate. Le norme sono troppe e poco chiare, paragonabili alle grida di manzoniana memoria. Il sistema delle fonti del diritto è sovvertito ed emergono atti dall’incerta natura che presentano un’insolita miscela di ordini e raccomandazioni. Il rispetto delle reciproche competenze e la leale collaborazione tra Governo e autonomie territoriali stentano ad affermarsi. Il pluralismo si evolve in antagonismo, l’unilateralismo si sostituisce alla collegialità. L’assunzione di responsabilità latita. La cronica difficoltà di elaborazione di piani e programmi a medio e lungo termine è acuita.
Dal punto di vista dell’attività concreta, le misure adottate non sempre sono rispettose dei canoni aurei di logicità, ragionevolezza, proporzionalità e non discriminazione. Il principio di prevenzione, che in questo frangente porterebbe ad assumere iniziative impopolari, cede il passo alla ricerca del consenso. Il dialogo tra tecnica e istituzioni si è rivelato più difficile del previsto, con una scienza che, ben lungi dall’offrire indicazioni precise, è apparsa litigiosa quasi al pari della politica. L’inefficienza dei servizi che deve rendere la pubblica amministrazione, non solo in ambito sanitario, è stata messa a nudo. Le procedure decisionali sono opache, tant’è che è stata necessaria una decisione del Tar per imporre alla Presidenza del Consiglio dei Ministri di rendere pubblici i documenti del Comitato tecnico-scientifico intesi a chiarire le evidenze mediche alla base dell’imposizione dell’uso della mascherina anche ai bambini di età ricompresa fra i 6 e gli 11 anni durante l’orario scolastico[19].
Ciò posto, è tuttavia possibile valorizzare anche una diversa prospettiva, la stessa che questa Rivista ha mostrato in più occasioni di privilegiare, e cioè quella dei doveri giuridici[20].
Già prima della pandemia la stagione dei diritti era talvolta degenerata in un assolutismo individualistico[21].
Oggi rivendicazioni riguardanti gruppi sempre più segmentati e specifici rischiano di far dimenticare che la salute è sì un diritto fondamentale della persona, ma parimenti un interesse generale di cui è responsabile la collettività.
Proprio ora è il momento di recuperare la dimensione comunitaria della nostra società, che è fondata sul principio solidaristico. La solidarietà si traduce nell’adempimento di doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, come si legge nell’art. 2 della Costituzione. La soliderietà «non è… una possibilità, e neppure una prospettiva da coltivare nel tempo, ma una necessità attuale, costitutiva della forma politica democratica». Se manca la solidarietà, «viene meno il cemento che tiene unita la Repubblica», perché senza la Repubblica dei doveri inderogabili viene a mancare anche la Repubblica dei diritti inviolabili[22].
Le presenti brevi riflessioni si sono aperte con una giurisprudenza spiazzante nel suo essere polarizzata. Piace invece concludere con una decisione esemplare nel tratteggiare la centralità della dimensione solidaristica appena evidenziata, decisione occasionata dell’impugnativa di un’ordinanza comunale di quarantena obbligatoria: «per la prima volta dal dopoguerra, si sono definite ed applicate disposizioni fortemente compressive di diritti anche fondamentali della persona – dal libero movimento, al lavoro, alla privacy – in nome di un valore di ancor più primario e generale rango costituzionale, la salute pubblica, e cioè la salute della generalità dei cittadini, messa in pericolo dalla permanenza di comportamenti individuali (pur pienamente riconosciuti in via ordinaria dall’Ordinamento, ma) potenzialmente tali da diffondere il contagio… la gravità del danno individuale non può condurre a derogare, limitare, comprimere la primaria esigenza di cautela avanzata nell’interesse della collettività, corrispondente ad un interesse nazionale dell’Italia oggi non superabile in alcun modo»[23].
Questo è il tempo della solidarietà.


[1] Questa Rivista ha fin da subito dedicato ampio spazio alla riflessione sui risvolti giuridici e istituzionali della crisi legata alla diffusione del c.d. coronavirus, creando un’apposita sezione (Diritto ed emergenza sanitaria). Nel presente numero si vedano F. Cintioli, Le conseguenze della pandemia da Covid-19 sulle concessioni di servizi e sull’equilibrio economico e finanziario; B. Raganelli, Stato di emergenza e tutela dei diritti e delle libertà fondamentali; F. Gaspari, Coronavirus, assistenza finanziaria dell’Unione europea e “sentieri interrotti della legalità” costituzionale. Per un ritorno alla Costituzione e alla sovranità nazionale.
[2] U.S. Supreme Court of the United States, South Bay United Pentecostal Church et al. v. Gavin Newsome, Governor of California, et al., 590 U.S. (2020); per un commento alla decisione cfr. C. Graziani, Libertà di culto e pandemia (Covid-19): la Corte Suprema degli Stati Uniti divisa, in Consulta online, II/2020; N. Colaianni, Il sistema delle fonti costituzionali del diritto ecclesiastico al tempo dell’emergenza (e oltre?), in AIC, 4/2020, 208 ss., spec. 210. La Corte suprema il 24 luglio 2020 ha disposto in senso del tutto analogo su un caso simile; cfr. U.S. Supreme Court of the United States, Calvary Chapel Dayton Valley v. Steve Sisolak, Governor of Nevada, et at., 591 U.S. (2020).
[3] Ma a composizione variata, essendo stata nel frattempo nominata Amy Coney Barrett al posto della scomparsa Ruth Bader Ginsburg.
[4] U.S. Supreme Court of the United States, Roman Catholic Diocese of Brooklyn, New York v. Andrew M. Cuomo, Governor of New York, 592 U.S. (2020).
[5] Il Chief Justice Roberts fa riferimento a tre precedenti della Corte Suprema, Jacobson v. Massachusetts, 197 U.S. 11, 38 (1905); Marshall v. United States, 414 U.S. 417, 427 (1974), Garcia v. San Antonio Metropolitan Transit Authority, 469 U. S. 528, 545 (1985).
[6] Così la concurring opinion del Justice Gorsuch, il quale poco sopra afferma che «the only explanation for treating religious places differently seems to be a judgment that what happens there just isn’t as essential as what happens in secular spaces».
[7] Ordinanza n. 407/2020, recante Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19, pubblicata sul B.U.R. Puglia n. 150, suppl. del 29 ottobre 2020.
[8] Art. 1, comma 9, lett. s, del D.P.C.M. 24 ottobre 2020, prescrittivo della didattica in presenza per la scuola dell’infanzia e per la scuola primaria.
[9] Tar Puglia, Lecce, sez. II, decreto presidenziale 6 novembre 2020, n. 695.
[10] Tar Puglia, Bari, sez. III, decreto presidenziale 6 novembre 2020, n. 680. Su questo contenzioso cfr. M. Pierri, Il bilanciamento tra diritto alla salute e all’istruzione ai tempi del Covid-19, tra poteri del Governo e dei Governatori: il caso della Puglia, in AIC, 6/2020, 121 ss.
[11] La Regione Puglia ha poi eccepito l’incompetenza della Sezione staccata di Lecce, deducendo la competenza del Tar con sede nel capoluogo e così il Tar Lecce, sez. II, con ordinanza del 27 novembre 2020, n. 763, ha investito della questione, ai sensi dell’art. 47, 2° comma, c.p.a., il Presidente del Tribunale Amministrativo Regionale.
[12] La Val d’Aosta vara una legge anti-Dpcm: è scontro con il governo, Il Sole 24 ore, 3 dicembre 2020. Ad oggi la legge non risulta ancora pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione.
[13] Legge della Provincia Autonoma di Bolzano, 8 maggio 2020, n. 4, recante Misure di contenimento della diffusione del virus SARS-COV-2 nella fase di ripresa delle attività.
[14] Presidente della Giunta della Regione Abruzzo, ordinanza 6 dicembre 2020, n. 106, recante Ulteriori misure urgenti per la prevenzione e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-2019.
[15] Coronavirus, Abruzzo arancione per ordinanza: la sfida di Marsilio, arriva la diffida del Governo, Il Sole 24 ore, 7 dicembre 2020.
[16] In questo senso già F. Cammeo, Della manifestazione della volontà dello Stato nel campo del diritto amministrativo, in V.E. Orlando (a cura di), Primo Trattato completo, cit., vol. III, Milano, 1901, 110 ss., 194.
[17] Sul punto si rinvia a G. Morbidelli, Delle ordinanze libere a natura normativa, in Dir. amm., 2016, 33 ss.; E. C. Raffiotta, Norme d’ordinanza. Contributo a una teoria delle ordinanze emergenziali come fonti normative, Bologna, 2019; Id., Sulla legittimità dei provvedimenti del Governo a contrasto dell’emergenza virale da coronavirus, in BioLaw Journal, 2/2020, e, se si vuole, M. Ramajoli, Potere di ordinanza e Stato di diritto, in Studi in onore di Alberto Romano, Napoli, 2010, vol. I, 735 ss.
[18] Per lo sguardo particolarmente tagliente si vedano i tanti contributi in argomento di S. Cassese pubblicati su www.irpa.eu.
[19] Tar Lazio, sez. I, ordinanza 4 dicembre 2020, n. 7468.
[20] In questo senso si vedano F. Fracchia, Coronavirus, senso del limite, deglobalizzazione e diritto amministrativo: nulla sarà più come prima, in questa Rivista, 2019, 575 ss.; P. Pantalone, M. Denicolò, Responsabilità, doveri e coronavirus: l’ossatura dell’ordinamento nelle emergenze “esistenziali”, ivi, 2020, 125 ss.; cfr. altresì G. De Giorgi Cezzi, Libertà dalla paura. Verso nuove forme di libertà per le collettività, in Federalismi.it, 6/2020, spec. 209 ss.
[21] Su questo processo cfr., da ultimo, P. Collier e J. Kay, Greed is Dead. Politics After Individualism, London, 2020.
[22] M. Fioravanti, Costituzione italiana: articolo 2, Roma, 2017, 7.
[23] Cons. Stato, sez. III, decreto 30 marzo 2020, n. 1553.

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